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Dopo la sconfitta Del Seleucida Antioco VII° Sidetes nella battaglia catastrofica contro i Parti Giovanni I° Hircanos, (135/129 – 104) nell’anno 129, proclamò l’indipendenza della Giudea, anche se  il massimo alleato, Roma, in occasione dei nuovi trattati considerò il Popolo Giudaico – popolo della Giudea e le comunità ebraiche sparse nel Mediterraneo – rappresentato dal Sommo Sacerdote. Inoltre, Roma, in quegli anni aveva gravi problemi politici e sociali che finirono per riflettersi sui rapporti con gli stati alleati/clienti. Infatti, a Roma c’era chi era favorevole a mantenere i patti di alleanza con i re alleati/clienti/vassalli e chi premeva per trasformare questi regni in province romane dove imporre gravose tassazioni e confische di terre. Questo contrasto fra due linee politiche romane si risolse nella pratica di lasciare che nei regni “alleati”/clienti/vassalli si formassero varie fazioni e opposizioni che ne minassero la stabilità interna per poi intervenire e imporre il dominio diretto. In Giudea questo processo si svolse in circa sessantacinque anni.

A Roma l’elemento greco, sconfitto militarmente e politicamente stava prendendosi la rivincita con la crescente diffusione, fra le classi colte, della cultura e della lingua greca essendo le divinità greche e quelle romane omologhe mentre i riti e costumi greci, più lascivi, erano più attraenti. Il massimo alleato del Regno Asmoneo e delle comunità ebraiche del Mediterraneo stava cosi assumendo un aspetto culturale ostile all’Ebraismo. Il Regno Asmoneo doveva coesistere anche con l’Egitto dei Tolomei, col Regno dei Nabatei e i resti del Regno Seleucida. Gran parte dell’Asia Minore era ormai sotto il diretto dominio romano.

Intanto in Giudea protagonista dell’indipendenza era la generazione “dei figli”, in contrasto fra di loro:

1. Giovanni I° Hircanos, figlio dell’ultimo dei Fratelli Maccabei Simone, aveva combattuto solo nella fase finale della lotta per l’indipendenza e non poteva avere l’esperienza dello slancio iniziale.

2.  La generazione dei figli delle famiglie dell’aristocrazia (laica e religiosa) e dell’alta borghesia cittadina aveva comunque acquisita la cultura greca e costituiva quindi un serbatoio di persone qualificate per l’organizzazione: dello  stato, che doveva venire amministrato; dell’esercito, che doveva venire adeguato alla sofisticata arte militare greca delle temibili macchine belliche; del sistema economico che doveva competere in uno scenario economico, quasi globalizzato e di lingua greca. Questo ceto, rappresentato dal partito dei Sadducei, capiva che solo l’indipendenza costituiva una concreta garanzia contro gli espropri di terre e le tassazioni che accompagnavano ogni trasformazione di un regno, prima formalmente indipendente e alleato, in provincia romana.

I Sadducei consideravano la Legge un sistema compiuto di norme alle quali attenersi, anche se con casi di non osservanza, per poter governare lo stato.

3. La nuova generazione dei figli della piccola borghesia urbana (artigiani, piccoli commercianti, ortolani, copisti e scribi) era succeduta ai “devoti” che all’epoca di Giuda Maccabeo erano stati i primi a ritornare alle proprie occupazioni pacifiche credendo di potersi arrangiare con i funzionari seleucidi e con Alkimos, nominato Sommo Sacerdote dal re seleucida. Questo ceto, rappresentato dal partito dei Farisei, aveva per varie ragioni rapporti più facili con le comunità della Diaspora sia di Babilonia che  quelle sparse intorno al Mediterraneo e non comprendeva  i rischi economici e sociali connessi ad una possibile trasformazione della Giudea in provincia romana. Inoltre i Farisei alla Legge scritta aggiungevano, come tradizione orale, una continua evoluzione di varie opinioni sull’interpretazione dei Precetti; queste continue discussioni portavano però all’incertezza giuridica e, quindi, all’arbitrio e anarchia.

Motivo di discussione era pure la tesi dei Farisei che la dignità reale spettava ad un discendente di Casa di David, il cui ramo maschile essendo ormai estinto, che pertanto non si sapeva individuare. L’unione nella stessa persona della dignità di Sommo Sacerdote e di Re comportava che chi tornava da una sanguinosa battaglia doveva immediatamente celebrare il sacrificio al Tempio e ciò appariva contrario alla tradizione. Però il massimo alleato, Roma, aveva concluso i trattati con il Popolo Giudaico rappresentato proprio dal Sommo Sacerdote; questa unione personale era quindi una necessità politica per mantenere l’indipendenza e la libertà di osservare i Precetti.

La divisione del popolo in partiti nettamente contrapposti era il primo dei punti deboli del Regno degli Asmonei  su cui a Roma poteva contare chi aveva mire sulla Giudea.

Il secondo punto debole era la presenza – in seguito a conquiste e annessioni di territori – di città con popolazione non ebraica (essenzialmente greca) che riteneva di venire avvantaggiata da una trasformazione della Giudea in provincia romana.

Giovanni I° Hircanos (135/104) seguì una politica di espansione territoriale e quando morì dopo 31 anni di governo lasciò uno stato che comprendeva oltre alla Giudea vera e propria, le città costiere più importanti, la Samaria, la Bassa Galilea e, ad est, alcuni territori oltre il Giordano.

Giovanni I° Hircanos inizialmente era amichevole verso i Farisei. La rottura divenne inevitabile quando un esponente fariseo lo oltraggiò con una diceria su sua madre fatta prigioniera per cui lui non sarebbe stato idoneo, per incertezza sull’ascendenza, alla dignità e alle funzioni di Sommo Sacerdote. I Farisei non seppero, o non vollero, punire adeguatamente un simile oltraggio. Si ha pure notizia di una rivolta dei Farisei, repressa con le truppe. Giovanni I° Hircanos si avvicinò quindi al partito dei Sadducei che, come visto, aveva quella cultura di governo che mancava ai Farisei.

Con la generazione dei nipoti che succedette sia a Giovanni I° Hircanos che ai suoi avversari farisei dagli oltraggi verbali si passò alle contestazioni violente nel Tempio e alla guerra civile.

Il primo successore di Giovanni I° Hircanos fu il figlio primogenito Aristobulo I° Giuda (104/103) che conquistò il nord della Galilea. Alla sua morte, la vedova Salome Alessandra decise di sposare il terzogenito, Alessandro Iannait/Gionata (103-76) che proseguì nella politica di espansione territoriale – con vittorie ma anche con sconfitte – resa possibile essendo Roma, scossa dal confronto fra Mario e Silla, dalla Guerra Sociale in Italia, dalle prime due guerre con Mitradates VI° di Ponto nell’Asia Minore, ribellione della provincia Asia (con una strage di coloni romani) alla quale aderirono alcune città greche e una guerra civile fra il ceto senatorio e il ceto popolare.

L’attacco contro la città di Acco portò però all’intervento dei Tolomei, che all’epoca dominavano anche su Cipro. La regina Cleopatra III° d’Egitto considerò pure la possibilità di riconquistare la Giudea  ma venne dissuasa dal suo generale Anania, della dinastia sacerdotale di Onias del Tempio di Leontopoli. Si ebbe quindi un accordo di pace fra Cleopatra III° e Alessandro Iannait che  costituì pure un’intesa fra le dinastie sacerdotali degli Onias e degli Asmonei.   

Alessandro Iannait, continuando nella sua politica di espansione territoriale conquistò varie città come Gaza sulla costa e Gadara (a sud est del Lago Kineret).

Di grande portata era la conquista e sottomissione del Regno Idumeo, costituitosi al sud della Giudea, in seguito alle migrazione degli Edomiti, popolo di Esau. L’integrazione di questo popolo, che già praticava la circoncisone, non appariva difficile anche se era avversata dai Farisei.

 

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