GHEDALIA’

 

 

      Il giorno successivo a Rosh HaShanà - quindi prima dello Yom Kippur - si dovrebbe osservare il Digiuno di Ghedalià, in ricordo dell' assassinio del governatore della Giudea nominato dal vincitore dopo la distruzione di Gerusalemme nell’anno 586 a.e. v. L'approfondimento dello sfondo storico di questa ricorrenza offre un insegnamento utile anche nei giorni nostri se si pone la domanda: E’ preferibile l’azione clamorosa dimostrativa, qualche volta “patriotica”, ma sempre con prevedibile rappresaglia oppure un lavoro silenzioso per salvare ciò che appare ancora salvabile?

Dopo la caduta di Gerusalemme il re babilonese Nebucadnezar volle eliminare ogni possibilità di nuove ribellioni in Giudea, ma si rese conto della necessità di evitare la desertificazione della regione. Già allora - come più volte nella storia ebraica - il conquistatore procedette ad una selezione:

1.Il re Zedekia, che si era lasciato trascinare ad una ribellione, del tutto folle, contro il predominio babilonese, venne accecato e portato prigioniero in Babilonia dopo aver dovuto assistere alla crudele morte dei figli..

2. Molti dignitari, fra i quali anche il Sommo Sacerdote Seraja, vennero giustiziati.

3. Sacerdoti, nobili e cittadini eminenti di Gerusalemme che non erano stati portati in esilio dieci anni prima vennero ora deportati in Babilonia; il Profeta Geremia testimonia lo strazio di chi vide partire i prigionieri verso l'esilio.

4.  Un gruppo di appartenenti al ceto contadino - "am haaretz" - venne lasciato in Giudea. Le famiglie si videro assegnare terra da coltivare ma non sappiamo a quali condizioni. L'insediamento ebraico in Giudea, lasciato da Nebucadnezar per motivi ecologici, dal punto di vista nazionale assicurava comunque una presenza in patria.

Governatore della Giudea poteva essere solo un personaggio accettabile al vincitore. Ghedalià, figlio di Ahikam, della famiglia Shafan che era stato sempre contraria ad ogni ribellione contro il predominio babilonese e diffidente verso l'Egitto, la cui cultura allontanava il popolo dall’osservanza della Legge. La diffusione tra i nobili e i cittadini eminenti di "usanze" egiziane aveva portato a lussi che accentuavano il contrasto fra città e campagne, fra i ceti superiori e i contadini e causavano la crisi sociale del Regno di Giudea.

   La comunità di contadini - "am haaretz" aveva bisogno della guida dell'unico profeta che era potuto rimanere in Giudea.  Geremia, di famiglia sacerdotale, era sempre stato favorevole ad accordarsi con il Regno di Babilonia, si mise al fianco di Ghedalià. Essendo Gerusalemme completamente distrutta, Ghedalià scelse quale sede del proprio "governo" la città di Mizpa, dove a suo tempo aveva avuto luogo l'elezione di Saul, il re contadino. In certo senso ciò significava che la distruzione di Gerusalemme segnava la bancarotta – prima morale e poi politica - di Casa di David. La presenza di Caldei doveva  ricordare a tutti la dipendenza da Nebuccadnezar e esercitare un controllo sia sul popolo che sul "governatore" per scoraggiare nuove velleità di ribellione. L'esistenza del centro ebraico a Mizpa incoraggiò molti combattenti a lasciare i rifugi nelle montagne della Giudea e promettere a Ghedalià di riconoscere il dominio babilonese e di vivere quali agricoltori. L'inserimento di robusti combattenti, dimostratisi capaci di resistere ai rigori della vita alla macchia, valse a rafforzare il "resto della Giudea". La maggioranza dei combattenti, tra cui Jochanan ben Kareach e altri nobili si mostrarono leali verso Ghedalià.

Il seme del disastro si ebbe con la discesa dalle montagne di Ismaele, l'ultimo principe di Casa di David ancora in Giudea, che apparentemente fece pace con Ghedalià e atto di sottomissione al dominio babilonese ma in realtà era animato da odio e invidia. Appare verosimile che, essendo principe di Casa di David, riteneva che il vincitore avrebbe dovuto nominare governatore lui e non Ghedalià, considerato come di condizione inferiore!

   A circa quattro anni dalla distruzione di Gerusalemme, quando il "governo" di Ghedalià aveva ormai portato qualche miglioramento nelle condizioni del "resto della Giudea", Ismael, insieme ad un gruppo di dignitari di corte riusciti a sfuggire alle deportazioni verso la Babilonia, si “alleò” con il re ammonita Baalis in un complotto per assassinare il governatore  Jochanan ben Kareach ebbe sentore del complotto e mise in guardia Ghedalià che però non volle dubitare delle promesse di lealtà e sottomissione di un principe di Casa di David.  Nell’anno 582 a..e..v.. .in occasione della  Festa di Rosh Hashanah (Capo d’Anno) Ismaele e i suoi complici assassinarono Ghedalià con molti altri ospiti, tra cui anche alcuni ufficiali babilonesi; il giorno seguente catturarono e trucidarono altri pellegrini diretti a Mizpa per la presentazione di sacrifici. Ismaele proseguì la fuga verso il regno di Ammon, oltre il Giordano, portando con sé molti ostaggi, tra cui anche Geremia, venne però affrontato da Jochanan ben Kareach e altri nobili che riuscirono a liberare gli ostaggi. Ismael con alcuni complici raggiunse comunque il regno di Ammon; di lui non si hanno altre notizie.

   Jochnanan ben Kareach e i suoi amici si resero conto che Nebuccadnezar avrebbe vendicato l'assassinio degli ufficiali babilonesi e decisero di fuggire in Egitto, malgrado 1'opposizione di Geremia, che venne costretto a seguirli insieme al discepolo Baruch. Della sorte in Egitto di questi esuli non si hanno notizie certe. Si ritiene che abbiano fondato molte colonie tra cui quella dell’Isola di Elephantine.

Le vere vittime del "patriottismo" di Ismaele erano però i contadini del "resto della Giudea" che, rimasti senza guida, vennero quasi tutti deportati in Babilonia per ordine di Nebuccadnezar. Questi uomini semplici decisero di custodire la memoria di Ghedalià  ricordando l'anniversario della sua morte come una ricorrenza di lutto.

   La mancanza di una sufficiente popolazione agricola favorì  la desertificazione della Giudea. Quando si avverò la visione profetica della fine del regno babilonese e si ebbe l’editto di Ciro il Grande, l'assenza di un consistente nucleo ebraico in Giudea rese più difficile il ritorno degli esuli e la ricostruzione di Gerusalemme.

Ghedalià e Geremia, come in precedenza altri profeti, avevano ammonito per anni re e popolo di Gerusalemme sulla follia di ribellioni al predominio del Regno di Babilonia.  Dopo il disastro della distruzione di Gerusalemme avevano cercato di salvare il salvabile e di salvaguardare i diritti del popolo ebraico sulla propria terra da far valere al momento della prevista caduta del Regno di Babilonia. Non sappiamo fino a quale punto Ismaele  fosse animato da patriottismo e fino a che punto da basse mire di potere. Certo è che il suo folle gesto aveva fatto gli interessi dei re dei popoli vicini, come le alleanze con l’Egitto e le città fenicie di Tirone e Sidone avevano spinto i re di Giuda ad imprese di gran lunga superiori alle possibilità di un piccolo regno.

   Da allora molte volte i responsabili delle collettività ebraiche si trovarono in situazioni simili a quelle di Ghedalià e Geremia e di fronte al problema: fino a che punto è lecito cooperare col tiranno e quando è il moment di dire no. Negli anni della Shoah venne detto: “Se per decreto del nemico è stata decisa la morte di una comunità e con un mezzo o un altro è possibile salvarne una parte allora i dirigenti di quella comunità debbono raccogliere tutte le loro forze spirituali e salvare quella parte”.

 

Wolf Murmelstein