SE NON IN TERRA DI ISRAELE,

                                                          

                                           ALLORA DOVE?

                                                            

GLI “INSEDIAMENTI EBRAICI” PREVISTI DA NAZI FASCISTI E COMUNISTI

IL MOVIMENTO SIONISTA INCONTRA OPPOSIZIONI E “PROPOSTE ALTERNATIVE”.

Fin dall’inizio il Movimento Sionista si trovò di fronte a varie opposizioni al suo programma per la creazione di “un focolare nazionale ebraico in Palestina riconosciuto secondo diritto pubblico”. Per lo studio della storia degli antefatti della Shoa si deve guardare alla particolare forma di opposizione al progetto sionista che era la formulazione delle varie proposte alternative.

 

Per primo, nel 1903, si ebbe la proposta dell’Inghilterra per un insediamento ebraico in Uganda. Nel 1926 Stalin “istituì” in Siberia (al confine con la Cina) la Repubblica Autonoma Ebraica di Biro-Bidjan mentre i nazionalisti polacchi chiesero l’appoggio dell’estrema destra francese per creare un insediamento ebraico a Madagascar e, all’uopo, nel giugno 1937 una delegazione polacca si i recò a Parigi senza però riuscire a convincere il governo francese, anche se una commissione polacca di tre membri visitò l’isola e si rese conto delle sue limitatissime possibilità

 

Questi tre progetti “proponevano” territori tutti molto distanti dall’Europa e dalla Palestina/Terra di Israele e dove sia l’ambiente - clima e popolazione locale - era ostile per una popolazione, come quella ebraica, da sempre radicata in Europa e nell’Area Mediterranea. Nei paragrafi seguenti verrà sviluppata l’analisi dei fatti storici per illustrare come dall’opposizione al programma sionista di uno stato ebraico in Palestina/Terra di Israele si sia arrivati alla Shoah..

 

LE COMUNITA’ EBRAICHE DELL’EST EUROPEO NEL QUADRO POLITICO, ECONOMICO E SOCIALE DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE.

I trattati di pace del 1919/20 avevano creato uno scenario politico e economico-sociale pericoloso per la maggioranza delle comunità ebraiche anche se i pericoli vennero ignorati o sottovalutati. All’epoca la maggioranza della popolazione ebraica viveva nell’Europa Centro-Orientale dove la geografia politica era profondamente cambiata con la nascita di nuovi stati e la posizione di confini fra i produttori e i loro mercati tradizionali.

 

La Cecoslovacchia, la Polonia, la Yugoslavia  e la Romania, come risultanti dai trattati di pace del 1919, erano formati da regioni eterogenee quanto a struttura economico-sociale, cultura, religioni. Il principale motivo della debolezza di questi stati era il predominio della nazionalità vittoriosa nella Prima Guerra Mondiale sulle varie minoranze, tedesche e ungheresi, che facevano riferimento a stati sconfitti. L’economia di quasi tutti gli stati dell’Europa Centro-Orientale si basava su un’agricoltura arretrata che impiegava la parte preponderante della popolazione ad una retribuzione insufficiente.

 

La Germania, stato perdente per antonomasia, guardava all’Europa Centro-Orientale sia come un naturale mercato per la propria produzione industriale che quale fonte di approvvigionamento per prodotti agro-alimentari. Coloro che in Germania pensavano alla “rivincita”, già negli anni venti ma più intensamente dopo l’avvento di Hitler al potere, studiavano le condizioni economico-sociali in Polonia e negli altri stati dell’Europa Centro-Orientale dove le comunità ebraiche si trovarono di fronte a regimi nazionalisti e reazionari, più o meno ostili, che emanavano norme discriminatorie per limitare l’accesso agli studi universitari, alle professioni e agli impieghi. Ai solerti “studiosi di geografia” tedeschi – che, in effetti, erano delle spie - si presentava il quadro di masse ebraiche male inserite nel sistema economico, povere ed inermi.

 

In Romania molti ebrei non avevano la cittadinanza del paese dove erano nati mentre in Polonia alcuni esponenti governativi definivano eccessivo il numero degli ebrei - che costituivano il 10% della popolazione - auspicando pubblicamente il trasferimento oltremare di almeno un milione.

 

L’emigrazione imponeva la scelta – difficile per un ebreo religioso - di un radicale cambiamento dello stile di vita e separazione dai familiari per poter cogliere qualcuna delle poche possibilità esistenti:

1.Gli USA nel 1923 avevano regolato l’immigrazione con l’istituzione del sistema delle quote e quelle per coloro che erano nati negli stati dell’ Europa Centro-Orientale erano limitate.

2.L’emigrazione verso la Terra di Israele/Palestina era possibile, entro i limiti fissati dalle autorità Inglesi, solo per persone giovani in grado di sopportare condizioni climatiche difficili e pronte a lavori pesanti oppure per detentori di capitali.

3. Un limitato movimento di emigrazione verso l’Europa Occidentale (Inghilterra, Francia) risolveva solo casi individuali.

4. Alcuni stati latino-americani legavano la concessione del visto ad un certificato di battesimo.

5. In Sud Africa esponenti filo-tedeschi del gruppo boero si opponevano all’immigrazione di ebrei dall’Europa.

6. Canada e Australia affermarono di non avere un problema ebraico e di non volerlo creare.

 

IL CONTINUO PEGGIORAMENTO DELLA SITUAZIONE DAL 1930 IN POI.

A seguito della crisi economica del 1929, negli anni trenta iniziò una rapida evoluzione del quadro politico con un continuo aumento del pericolo, ignorato o sottovalutato, dai gruppi dirigenti delle comunità ebraiche.

 

A partire dal 1933/34 l’Italia fascista, in gran segreto, decise di concedere aiuti materiali – armi e “volontari” libici - al terrorismo arabo palestinese che nel 1936 diede inizio ad azioni violente contro gli insediamenti ebraici. Sui reali motivi di questa decisione, segretissima, di Mussolini si possono fare solo le seguenti ipotesi:

1. L’’ostilità verso la formazione di una comunità ebraica a maggioranza socialista in Palestina.

2. L’opposizione della Chiesa Cattolica all’emigrazione ebraica in Terra di Israele; Pio XI° aveva parlato di Mussolini come “Uomo della Provvidenza” e ciò doveva essere compensato.

3. Nelle colonie italiane di Libia, Eritrea e Somalia, con popolazione musulmana, negli anni 20 si erano avute delle rivolte represse con difficoltà e l’appoggio del Gran Muftì El Husseini, importante dignitario musulmano, sembrava quindi utile per mantenere la calma.

 

Nell’anno 1936 il Comintern aveva ordinato ai partiti comunisti di appoggiare le azioni violente arabe in Palestina; molti comunisti ebrei, per non dover opporsi con le armi ad altri ebrei, scelsero di andare a combattere in Spagna.

 

Dopo l’abdicazione nel dicembre 1936 di Edoardo VIII° - imposta dal Primo Ministro Baldwin perché sotto l’influenza della filo-nazista Wallis Simpson - Hitler dovette ipotizzare la possibilità di un conflitto con l’Inghilterra per cui l’alleanza con il nazionalismo arabo, anche ideologicamente affine, era nella logica delle cose.

 

Ai nazionalisti arabi Mussolini aveva potuto offrire qualche modesto aiuto materiale mentre non sappiamo cosa avesse offerto Stalin. Hitler, invece, poteva concretamente offrire la contropartita di dirottare l’emigrazione delle masse ebraiche dell’Europa Centro-Orientale verso una destinazione, non specificata, lontana dalla Terra di Israele/Palestina e guadagnarsi cosi la preferenza araba.

 

E’ poco noto che ancora all’epoca dell’Impero Ottomano un gruppo di pietisti evangelici tedeschi si era trasferito in Terra di Israele per stabilirvi un regno messianico. Questo gruppo guardava con malcelata ostilità all’insediamento ebraico.  A partire dal 1932/33 molti di questi Tedeschi di Palestina aderirono all’Organizzazione Estera del Partito Nazista. Nel 1936 venne redatto un Memorandum sulla possibilità di un’alleanza fra tedeschi e nazionalisti arabi e per ciò non era opportuno “incoraggiare” l’emigrazione ebraica dalla Germania verso la Terra di Israele.

 

Nel periodo 1936/39 i terroristi arabi avevano consigliato ai “Tedeschi della Palestina” di porre sulle loro vetture la bandiera con la svastica per non venire confusi con gli ebrei.

 

Qui entra in scena il personaggio Adolf Eichmann, ancora con il grado di sottoufficiale SS, ma già apprezzato dal terribile capo dei servizi di sicurezza Heydrich. Eichmann nel 1936 aveva redatto l’opuscolo “Linee guida per il controllo dell’Associazione Sionista della Germania” e passava quindi per un esperto in materia. Nell’anno 1937 - poco dopo l’infruttuosa visita della delegazione polacca a Parigi per esporre il “Piano Madagascar” e in coincidenza dell’esposizione da parte di Hitler dei suoi effettivi propositi di conquista a gerarchi e generali – Eichmann venne inviato in Palestina e in Egitto per incontrare esponenti arabi ostili all’idea di uno stato ebraico; non poteva essere un caso.

 

I “TERRITORI DI INSEDIAMENTO EBRAICO” PIANIFICATI DA NAZISTI E FASCISTI.

Nel febbraio 1939 l’ideologo nazista Alfred Rosenberg tenne una conferenza stampa  per illustrare, ai rappresentanti a Berlino della stampa internazionale l’dea di creare un insediamento ebraico in qualche territorio, ovviamente non specificato. Nello stesso periodo di tempo in Italia – forse per effetto della visita di Heydrich nell’Aprile 1939 – qualcuno lanciò l’idea del trasferimento degli ebrei italiani in un “Territorio di Insediamento” su un altopiano in Etiopia dove, secondo strane nozioni di geografia, le condizioni climatiche sarebbe state simili a quelle della città piemontese di Casal Monferrato. Sta di fatto che nella primavera del 1940 i dirigenti dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane vennero informati che gli Ebrei avrebbero comunque dovuto lasciare l’Italia. In Libia, nel 1940/41, molti ebrei vennero deportati dalle città in un campo nel deserto.

 

Nel suo discorso del 6 ottobre 1939, a conclusione dell’invasione della Polonia, Hitler da una parte invitò l’Inghilterra a trattative di pace ma dall’altra parlò del riordino del territorio polacco ad ovest della linea di demarcazione con la zona occupata dall’URSS accennando anche alla creazione di un insediamento ebraico. Negli stessi giorni del mese di ottobre 1939 venne ordinata la partenza di trasporti di ebrei in età lavorativa verso la Polonia; dovettero partire pure i dirigenti Murmelstein da Vienna e Edelstein da Praga, che si erano prodigati nelle loro comunità per organizzare l’emigrazione. La destinazione di questi trasporti era la zona della cittadina polacca Nisko situata nella regione di Lublino, tra i fiumi Sun e Bug, sulla linea di demarcazione tra la zona di occupazione tedesca e la zona di occupazione sovietica, territorio poco ospitale e lontanissimo da “occhi indiscreti” stranieri. Il 19 ottobre 1939 il primo trasporto di 1000 ebrei, con i dirigenti, arrivò alla stazione di Nisko, da lì una lunga marcia verso la destinazione: un prato trasformato in una pozzanghera. Il giorno successivo Eichmann tenne il suo famoso discorso circa i primi compiti: la costruzione di baracche, un’amministrazione da creare, l’organizzazione di un servizio sanitario, ecc.; “altrimenti tocca morire”.

 

Data questa premessa appare chiaro che i nazisti non si siano curati in alcun modo dei mezzi necessari per la realizzazione del progettato insediamento ebraico nella regione di Lublino. L’unica risposta alle domande specifiche di Murmelstein era “cacciate a pedate il contadino polacco, per installarvi nella sua casa”. Il dirigente ebreo, ovviamente all’oscuro dei retroscena politici, poté pensare solo di trovarsi di fronte alla follia criminale di Eichmann. Seguirono, infatti, nuovi arrivi di trasporti: gli uomini validi vennero trattenuti per i lavori mentre gli altri, scortati da militi SS, vennero avviati a piedi per la “dispersione sul territorio di colonizzazione” dal quale giungevano notizie di feriti e malati; i più coraggiosi riuscirono ad attraversare la linea di confine con la zona sovietica dove, però, quasi sempre vennero arrestati e inviati in un campo di prigionia.

 

Dopo alcuni giorni e lunghe insistenze Murmelstein ottenne credenziali ufficiali per il “compito di esplorare le possibilità di collocamento nel territorio di insediamento ebraico” e l’autorizzazione di lasciare il campo. Il suo vero intento, ovviamente, era di chiedere aiuto alla Comunità di Lublino. Per avere la prova degli sforzi compiuti, Murmelstein chiese di essere ricevuto dal prefetto tedesco della zona che però dichiarò di essere all’oscuro di tutto. Si poteva quindi intravedere la possibilità di provocare l’intervento dell’amministrazione periferica tedesca contro l’azione di Eichmann. Il riferimento al consiglio “cacciate a pedate il contadino polacco” e l’esibizione delle credenziali convinsero il prefetto ad ordinare al Murmelstein e ai suoi colleghi di recarsi, senza altre soste, a Lublino per attendere gli ordini che lui avrebbe sollecitato. Hans Frank, nominato Governatore Generale qualche giorno prima, dava la preferenza allo “insediamento nei ghetti” in quartieri degradati di alcune città dove l’affollamento doveva provocare le disastrose condizioni igieniche funzionali alla desiderata “selezione naturale”. Infatti, l’idea di un insediamento ebraico – con molti uomini in età valida per lavorare e per combattere - in un’unica vasta area intorno a Lublino e sulla linea di demarcazione e sotto il diretto controllo della SS sarebbe stato:

1. Per il Governatore Generale Hans Frank una limitazione alla sua autorità e un ostacolo per i suoi diversi lucrosi affari.

2. Per il Comando Militare un ostacolo alla preparazione di un attacco all’Unione Sovietica.

 

Se può apparire logico che delle “iniziative” di Heydrich e Eichmann siano stati tenuti all’oscuro sia il prefetto competente per la zona di Nisko che la Comunità Ebraica di Lublino, appare del tutto assurdo che ne fosse stato tenuto all’oscuro anche comandante SS della regione che, viste le credenziali di Eichmann, poteva solo dire di “attendere ordini”. Ma nel sistema nazista ognuno (scherano SS, militare, funzionario civile) veniva informato solo di quanto necessario per l’esecuzione degli ordini ricevuti e il Col. SS Strauch, stranamente, non era stato informato del piano di un insediamento ebraico proprio nella sua zona di comando. Dopo alcuni giorni venne l’ordine di tornare a Nisko e Eichmann comunicò che non ci sarebbero stati altri arrivi e ordinò ai funzionari di ritornare a Vienna e Praga. I quattrocentocinquanta tecnici ed operai rimasero nel campo per altri sei mesi; le baracche servirono poi quale campo di transito per i tedeschi da rimpatriare nel Reich. Eichmann, che sembrava sconfitto; venne invece nominato Capo della “Divisione Affari Ebraici” nel neo costituito Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich (RSHA) a Berlino. I fatti quali la promozione di Eichmann, l’omessa informazione del Col. Strauch, l’apparente non curanza nei confronti del Governatore Generale Frank e il Comando Wehrmacht, consentono di formulare l’ipotesi che il piano di un insediamento ebraico nell’area di Nisko fosse stato pura propaganda:

1. Verso gli Arabi ai quali dimostrare di voler per gli Ebrei una destinazione lontana dalla Palestina.

2. Verso quegli Ebrei che non avevano possibilità di emigrazione, ma la necessità di evitare il ritorno in campo di concentramento, ai quali si “offrì” cosi la “scelta” di presentarsi quali volontari per “il lavoro” in Polonia.

 

Nel maggio 1940, subito dopo l’attacco alla Francia, prevedendo una rapida vittoria, i nazisti riesumarono il Piano Madagascar. Pare che Hitler l’abbia accettato come idea politica. Certamente era un buon pretesto per imporre alla Francia, nei negoziati di pace previsti come imminenti, la cessione dell’isola, strategica per il controllo dell’Oceano Indiano, per istallarvi basi aero-navali. Il problema del trasferimento degli Ebrei dall’Europa veniva dibattuto fra i vari ministeri interessati. Goering, che era anche Commissario per il Piano Quadriennale, avrà sicuramente valutato le immense difficoltà pratiche – necessità di molti mezzi navali e lunghi tempi  per i trasporti – e, quindi, l’assurdità del Piano Madagascar. Nell’autunno 1940 Hitler, vista la determinazione della Gran Bretagna di resistere, la limitata volontà di “collaborare” del Regime di Vichy (Maresciallo Petain) e il rifiuto della Spagna di Franco di entrare in guerra, diede priorità ai piani di attacco contro l’Unione Sovietica. Non si discuteva più del Piano Madagascar ma di “Trasferimenti verso Est”.

 

Verso fine anno 1940, Benjamin Murmelstein, l’unico sopravvissuto fra i dirigenti presenti a Nisko, dovette presentare uno studio storico sull’idea di un focolare nazionale ebraico. Eichmann non approvò la tesi dell’insediamento possibile solo in Terra di Israele/Palestina con il riferimento a “quella potenza che al termine del conflitto sarà determinante nel Medio Oriente” quale garante. Oggi sappiamo che anche altri dirigenti ebrei in Germania e Boemia-Moravia risposero di essere interessati solo ad insediamenti in Terra di Israele. Eichmann osservò “ma è tanto difficile capire che solo la Germania può vincere la guerra e diventare determinante nel Medio Oriente?”  Ciò suggerisce l’ipotesi che Eichmann avesse saputo già nel Dicembre 1940 che al Quartier Generale di Hitler si pianificavano gli interventi in Libia e in Grecia – quindi nel  Medio Oriente - per evitare una clamorosa sconfitta di Mussolini, da ridurre poi ad un ruolo secondario, da alleato a vassallo. Eichmann avrebbe quindi avuto accesso agli alti gradi de Quartiere Generale ed era quindi molto più di un semplice capo-divisione.

 

Risulta da documenti reperiti di recente la presenza in Libia nell’estate 1942, al seguito dell’Africa Korp di Rommel che allora puntava verso l’Egitto, di un gruppo di SS al comando del famigerato Col. SS Walter Rauff per estendere la Shoah al Medio Oriente contando sulla collaborazione dei molti gruppi arabi locali.

 

Ancora nel gennaio 1945 (!) Himmler dichiarò al Consigliere Federale Svizzero Jean Marie Musy che il Reich non avrebbe mai tradito gli amici arabi consentendo la partenza di ebrei verso la Palestina.

 

La prima “idea” nazi-fascista di creare insediamenti ebraici era chiaramente basata su quanto fatto nelle colonie tedesche dell’Africa qualche decennio prima: inviare le popolazioni che si volevano eliminare verso ambienti con condizioni ostili dove una durissima selezione naturale avrebbe in breve tempo provocato lo sterminio desiderato. Goering- responsabile del Piano Quadriennale e quindi delegato anche alla “Questione Ebraica” - aveva certamente letto i diari del padre che era stato funzionario dell’amministrazione coloniale tedesca.

 

Gli studi condotti dallo storico tedesco Goetz Aly indicano che i nazisti consideravano fin dall’inizio l’opzione dell’eliminazione fisica di una parte della popolazione dell’Europa Centro-Orientale, come pure di varie categorie di indesiderati nello stesso Reich, allo scopo di far coincidere la produzione alimentare dell’area con la “necessità di nutrire la popolazione tedesca in modo adeguato”. Viene citata una frase di Goering “non sarà l’operaio tedesco a soffrire la fame”, in riferimento al fatto che durante la prima guerra mondiale la Germania non poteva integrare con importazioni l’insufficiente produzione agro-alimentare. Essendo l’eliminazione fisica di varie popolazioni, e quella ebraica in primo luogo, già previsto nei piani nazisti, si ha un’ulteriore conferma del fatto che “programma” di un “insediamento ebraico” era solo una messa in scena propagandistica. La frase del discorso di Eichmann “altrimenti tocca morire” andrebbe quindi letta come “vi tocca morire”.

 

Negli anni 1941/42 la Romania del dittatore Antonescu, fedelissimo di Hitler, fece “insediare” più di trecentomila ebrei romeni nel territorio inospitale della Transnistria, zona dell’Ucraina, dove quasi tutti morirono, o assassinati in esecuzioni di massa oppure per stenti.

 

Nel giugno 1943 il Ghetto di Terezin venne denominato “Territorio di Insediamento Ebraico” anche se, salvo la denominazione, nulla cambiò.  Nel maggio 1944 in una lettera indirizzata ai dirigenti sionisti di Budapest si parla di una “città ebraica” creata a Terezin; nessuno dei 12 esponenti sionisti firmatari sfuggì poi al martirio. Non può essere una mera coincidenza che nel giugno 1944, il governo collaborazionista ungherese, in risposta ad una nota di protesta della Santa Sede contro le deportazioni, accennò ad ”insediamenti ebraici con amministrazioni autonome”; la maggior parte degli Ebrei ungheresi deportati in quelle settimane era già morta nelle camere a gas di Auschwitz.

 

“LI SI MANDI A BIRO BIDJAN”.

Verso la fine degli anni trenta su certa stampa antisemita si poteva leggere slogan come: “Gli Ebrei? Li si mandì’ a Biro Bidjan!”.  A Biro Bidjan e non in Palestina/Terra di Israele!

 

Infatti nell’anno 1928 – un anno dopo che Lev Trotzky Bernstein era stato costretto all’esilio e i primi dirigenti comunisti di origine ebraica erano stati emarginati – Stalin decretò l’istituzione di un “Territorio di Insediamento Ebraico” all’estremo oriente della Siberia, fra i fiumi Biro e Bidjan, vicino al più famoso fiume Amur e al confine con la Manciuria; alla distanza di ben cinque fusi orari dalla Palestina/Terra di Israele. Negli stessi anni le ultime organizzazioni ebraiche vennero sciolte e lo studio e la pratica dell’Ebraismo erano ormai possibili solo in clandestinità; le poche sinagoghe rimaste aperte erano strettamente controllate.

 

Nell’anno 1934; in coincidenza con l’intensificarsi del terrore staliniano, Biro-Bidjan venne eretto in “Repubblica Autonoma Ebraica” con il “riconoscimento” dello Yidisch quale lingua ufficiale e della “nazionalità ebraica”; non c’erano le sinagoghe ma solo il teatro, quasi sempre chiuso. Secondo le varie esigenze propagandistiche, qualche volta si parlava di un successo e qualche volta di un fallimento perché “non esiste una cultura ebraica”. Ma il “riconoscimento della nazionalità ebraica” legata ad una lontana Repubblica Autonoma Ebraica consentiva di procedere agevolmente a discriminare gli Ebrei in quelle zone – Ucraina, Bielorussia, Russia Europea, ecc. – dove, in effetti, risiedevano.

 

La Repubblica Autonoma Ebraica di Biro-Bidjan venne considerata quale entità solamente virtuale pure dall’apparato repressivo sovietico. Infatti, quando nel 1940 l’URSS occupò prima la regione orientale della Polonia e gli Stati Baltici poi venne scatenata un’ondata di deportazione di persone considerate “borghesi” o “ostili”, fra cui molti ebrei; verso il Kazakistan.

 

Nel 1947 l’URSS votò a favore della creazione dello Stato di Israele che riconobbe il giorno della sua proclamazione, 14 maggio 1948. Nello stesso tempo, però, venne ripresa la propaganda per l’esaltazione di Biro-Bidjan con “notizie” su arrivi di coloni. Sta di fatto che nella Repubblica Autonoma Ebraica di Biro-Bidjan il numero totale di persone di“nazionalità ebraica” non aveva mai superato la metà della scarsa popolazione complessiva. Intorno al 1957/58 Nikita Krusciov motivò la liquidazione della Repubblica Autonoma Ebraica di Biro-Bidjan con “l’incapacità degli Ebrei al lavoro collettivo”.

 

Nel periodo 1951/52 in URSS si ebbero due episodi – significativi -  dell’antisemitismo staliniano:

a.       Il noto processo per la fantomatica congiura dei “Medici ebrei” per uccidere Stalin.

b.       Meno nota è invece la condanna a morte, in un processo segreto, di dodici scrittori e poeti ebrei colpevoli di aver parlato di vittime ebraiche delle atrocità naziste.

Fin da allora la propaganda comunista, seguita spesso dalla sinistra cosi detta democratica, cerca di offuscare la memoria delle vittime ebraiche.            Si sorvola sul fatto che nei Ghetti – e spesso anche nei Lager – molti ebrei pregavano e speravano di poter andare in Terra di Israele.  

 

CONCLUSIONE. IN OGNI EPOCA SI LEVERANNO PER DISTRUGGERCI.

Ricordando, a Pesach, l’Esodo dall’Egitto, Casa di Schiavitù, ad un certo punto della rievocazione viene citata l’ammonizione dei Maestri: ”.. in ogni epoca si leveranno per distruggerci …” che oggi potrebbe venire parafrasata “in ogni epoca, da destra e da sinistra, si leveranno per distruggerci”. Lo studio della storia in generale, e di quella ebraica in particolare, deve essere condotto senza pregiudizi ideologici o suddivisioni tipo “da una parte tutti buoni, dall’altra parte tutti cattivi”.

 

Infatti, i provvedimenti staliniani su Gulag e Territorio di Insediamento Ebraico (Biro Bidjan) vennero studiati dai nazisti – all’epoca molti militari tedeschi erano presenti in URSS per esercitazioni militari comuni, segrete – che poi su quel modello organizzarono prima i Lager e poi i Ghetti. Sia nello Stato di Israele che nelle Comunità della Diaspora è necessario riconoscere in tempo le situazioni di pericolo per poter dare alla gente, specialmente ai giovani, consigli adeguati perché “altrimenti tocca morire”.

 

 Wolf Murmelstein